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Executive Assessment: la forza della consapevolezza manageriale 03 Settembre 2018 16:05

scritto da Angela Gallo

L’Executive Assessment costituisce un target piuttosto recente nel panorama dei servizi rivolti ai manager. La specificità è fornita proprio dalla popolazione coinvolta. Per i principali livelli di responsabilità manageriale, la finalità della valutazione delle capacità non è certo orientata a individuare il potenziale o a trarre indicazioni per future scelte gestionali. L’Executive Assessment permette al manager di fermarsi a riflettere. Mantenere un grado sufficiente di orientamento e di saggezza manageriale in un ambiente in cui tutti lavorano immersi nel caos della vita organizzativa, richiede ormai sempre più spesso un supporto consulenziale personalizzato. Questo è il principale motivo che vede, nei paesi più industrializzati, farsi strada delle vere e proprie metodologie, Executive Assessment e Coaching Assessment, finalizzate a fornire supporto per esigenze variegate, ma comuni. Lo scopo è fornire alla popolazione dei dirigenti una metodologia per aiutarli a identificare l’area o le aree nelle quali hanno bisogno di introdurre cambiamenti, migliorare le proprie competenze, rinegoziare la propria posizione o chiedere supporto.

Ma chi sono gli Executive? 

Chi scrive ritiene che la popolazione degli Executive possieda alcune caratteristiche specifiche. Sono manager che ricoprono posizioni significative di responsabilità. Gli Executive ricoprono ruoli a elevati ‘rischi’ aziendali e personali. Le condizioni complesse in cui oggi si deve esercitare la responsabilità direttiva nelle imprese, la necessità di operare in ambienti organizzativi e contesti normativi e finanziari sempre più incerti e turbolenti, l’elevato logoramento della funzione dirigenziale e la crescente complessità del lavoro richiedono agli Executive di ogni grado e qualifica non solo elevate prestazioni manageriali, ma una vera e propria ‘mentalità della sopravvivenza’ (Kilburg 2002) capace di mettere a dura prova le loro risorse fisiche ed emotive. Possiedono inoltre un’età anagrafica degli ‘anta’. Il loro bagaglio di conoscenze ed esperienze è ricco di contenuti. Ma la loro finalità organizzativa non risiede nell’esercizio diretto delle competenze, bensì nel porsi come collante di team di professionisti, affinché l’intera azienda si evolva e attivi generazione di ulteriore valore. È proprio per loro che il bagaglio delle capacità relazionali costituisce la linfa affinché l’ambiente organizzativo si modifichi. Il modo con cui si comportano e agiscono influisce sul comportamento degli altri e di conseguenza influisce sui risultati. Per produrre valore alla conoscenza è necessario riprendere in mano il contenuto relazionale della propria competenza tecnica e reinserirlo all’interno delle relazioni che ciascun Executive stabilisce con i diversi professionisti, interni ed esterni all’organizzazione di appartenenza.

Gli executive e l’Assessment

Sono stati nel passato coinvolti in programmi di Assessment perché capi di giovani talenti in crescita. Ed è proprio perché molti Executive hanno incontrato, per esperienza diretta, programmi di Assessment , che diventano successivamente il committment di loro stessi. Buona parte degli Executive coinvolti in percorsi di Assessment conoscono i vantaggi della metodica di analisi delle capacità manageriali. Conoscono l’importanza della fase di riflessione e il ruolo strategico ricoperto dal feedback.

La gestione dell’immagine

Ricoprono posizioni pubbliche (visibili all’interno e all’esterno). Non possiamo dimenticare che l’essenza delle finalità dell’Executive nel suo ruolo manageriale consiste nella sua visibilità in quanto leader di risultati e di persone. Per l’Executive, si pone il problema della gestione della propria immagine (impression management). Ciascun manager dovrebbe essere capace di suscitare negli altri impressioni favorevoli, solo così è possibile aumentare il personale potere di influenza. Se la nostra immagine pubblica (essere manager significa ricoprire una posizione pubblica) si viene a deteriorare, non possiamo che entrare in crisi. La rotta si perde per i risultati, per la gestione del nostro team, per noi stessi. L’aggressività, la rabbia, non sono sinonimi di forza manageriale, ma sentimenti di vergogna e indici di disagio personale e organizzativo. Un manager aggressivo è un manager che non può guardare al domani perché troppo occupato a difendersi nel presente della propria umiliazione e a gestire le personali vendette emotive.

La natura sociale del manager

Sono a capo di team: quindi dipendono dagli altri. L’essenza del manager è la sua base di relazioni e di conseguenza si trova al centro di emozioni positive (sostegno, armonia), ma anche negative (rabbia, aggressività, vergogna). Essere a capo di team significa riappropriarsi della natura sociale del ruolo manageriale: per raggiungere i propri obiettivi i manager dipendono dagli altri. Esiste una dipendenza reciproca che conduce a condizioni tra loro molto diverse: da una parte abbiamo la condizione di cooperazione che favorisce risultati, produce innovazioni, permette di acquisire fiducia nel futuro. Dall’altra parte abbiamo la condizione di competizione che, se non incanalata verso la concorrenza, si sviluppa all’interno delle organizzazioni diventando socialità aggressiva e di conseguenza paralizzante per il business. Il sapere gestire un team cooperativo, contenendo la possibilità, sempre presente, che diventi distruttivo, è responsabilità manageriale. Ma occorre anche sottolineare che il successo dipende, in buona misura, dall’immagine che gli altri hanno del manager stesso. Se il manager viene percepito come utile, importante e degno di interesse, è probabile che si instauri, nella funzione organizzativa presieduta, un rapporto positivo e collaborativo. Invece, se il percepito collettivo è di minaccia, di aggressività fluttuante, la considerazione è di generazione di sola ostilità, pertanto tutte le energie devono essere spese per difendersi dalla cattiveria. In termini manageriali è in gioco la nostra identità sociale. Lo scopo dell’immagine sociale positiva è quello di essere considerati utili con la conseguenza di essere ricercati, stimati, punto di riferimento per gli altri.

Alcune criticità

Operano in condizioni critiche dell’esercizio della loro funzione direttiva. Il loro ruolo è caratterizzato da elevato, rapido logoramento della posizione dirigenziale; ambienti organizzativi e contesti normativi e finanziari sempre più incerti, caotici, complessi e turbolenti; crescente complessità del lavoro di network; necessità di prendere decisioni razionali pur restando a contatto con le zone d’ombra, irrazionali e inconsce del comportamento umano e economico; stress da velocizzazione dei processi, aumento della richiesta di prestazioni e continui cambiamenti del mercato, delle leggi, delle conoscenze e delle tecnologie, dell’ambiente politico e socioculturale; esercizio costante della negoziazione tra le esigenze degli individui, quelle dei gruppi e quelle dell’organizzazione; aumento della componente aggressiva della funzione direttiva (imporre decisioni, dire di no, valutare e criticare, sanzionare, chiedere rinunce, escludere, licenziare).

I costi emotivi del ruolo

Si sentono spesso soli. Spesso non ci soffermiamo a pensare ai costi emotivi dell’esercizio del ruolo di Executive. Il sentirsi soli è un sentimento ricorrente quando, dopo essersi guardato intorno, l’Executive non ha nessuno con cui condividere preoccupazioni e incertezze. Il sentirsi soli attiva tutta una serie di ansie: dalla preoccupazione di non essere capiti, alla paura di sbagliare. Accanto all’ansia prestazionale, l’Executive diventa soggetto di ostilità e adulazione da parte dei propri collaboratori, terminale di rivalità e di pretese. Pur non avendone la consapevolezza diventa fonte di invidia da successo che non sa né catalogare né gestire se non in termini di feroce competizione e agonismo. Se in caso di successo è fonte di invidia, non dimentichiamoci che in caso di insuccesso è il primo a pagarne le conseguenze, portandosi con sé sentimenti di colpa per non essere riuscito a modificare gli eventi.

Le bussole dell’executive Assessment

Scopo dell’Executive Assessment è realizzare una riflessione puntuale del livello di patrimonio attivo e passivo del proprio capitale manageriale. L’Executive Assessment è una specie di bussola che permette di fare il punto ‘nave’ per riflettere sul personale posizionamento (dove sono), tracciare la ‘rotta’ per dove voglio andare, ma soprattutto conoscere la propria ‘forza’ per orientare l’azione. La bussola dell’Executive Assessment permette di ottenere i seguenti risultati: potenziamento della consapevolezza del loro ‘essere manager’; consapevolezza delle ricadute del loro capitale manageriale all’interno della struttura che presidiano; definizione delle coordinate per i piani attuativi della loro azione manageriale. La fase di diagnosi, costituita proprio dall’Assessment, permette di indicare le ‘coordinate’ per costruire  una vision ancorata a una sana verifica di realtà. Conoscere la propria forza permette di orientare al meglio l’azione. Conoscere le proprie cadute di efficacia può essere anche rassicurante, perché evita di orientare l’azione proprio nelle aree in cui si rischia solo una frustrante sensazione di autogol. Un Executive può ricorrere a diverse bussole di analisi. Ciascuna bussola si caratterizza per alcune peculiarità: esprime la finalizzazione produttiva (pragmatismo manageriale, esercizio della leadership, intelligenza innovativa), analizzando quelle capacità che tra loro si condizionano come le diverse polarità di un campo magnetico. La bussola del pragmatismo manageriale permette di misurare il fare gestionale. L’alternanza tra polo nord e polo sud è fornita dalla capacità di soluzione dei problemi e di decisione. I poli est e ovest permettono di riflettere sulle capacità  di orientamento al risultato e programmazione. La caduta di efficacia su ciascuna capacità, della bussola del pragmatismo manageriale, può determinare alcune difficoltà gestionali.

La bussola dell’esercizio della leadership permette di misurare l’orientamento nella conduzione di persone verso obiettivi attesi. Il polo nord è fornito dalla capacità di gestione dei team, quello sud, invece, dalla gestione dei collaboratori. I poli est ed ovest puntano i riflettori su due capacità: gestione dei conflitti e negoziazione. Anche in questo caso le cadute di efficacia comportamentale su qualcuna delle capacità della bussola possono incidere sul crearsi di disfunzioni nell’esercizio della leadership stessa, come illustrato di seguito.

La bussola dell’intelligenza innovativa può costituire il motore capace di guardare al domani, con quella fiducia che permette di non arrendersi agli ostacoli dell’oggi. I poli nord e sud sono dati dalle capacità di iniziativa e propensione al nuovo. I poli est ed ovest presentano le capacità correlate di flessibilità e pensiero prospettico. Proviamo a sintetizzare cosa succede a un manager nel caso di difficoltà in uno dei poli di questa bussola.  Per la popolazione degli Executive, la vera finalità dell’Assessment è prevalentemente data dal feedback. I destinatari sono gli Executive stessi. In questi casi l’organizzazione dovrebbe saper tenere a freno i bisogni di conoscenza e curiosità sui risultati. I risultati si discutono con il diretto interessato, ma sarà solo lui a decidere con chi condividerli, se vuole. Lo scopo dell’Executive Assessment non è che altri conoscano, bensì che il diretto responsabile sia consapevole. Il feedback permette ai manager di ottenere quel servizio per cui hanno attivato l’Executive Assessment : fermarsi a riflettere per iniziare a togliere qualche ‘incrostazione’ di comportamento manageriale ed evitare l’aumento degli effetti dell’‘usura’ manageriale. Ma partecipare a programmi di Executive Assessment significa dimostrare coraggio. E il coraggio, per essere espresso, necessita di confrontarsi con le sue paure.

Articolo tratto da: Persone & Conoscenze N. 60, pag. 33