La sfida dei team multi-generazionali

“Perché dovrebbe importarmene delle nuove generazioni, cosa hanno fatto per me?”, ironizzava il comico Groucho Marx.

Nella società c’è sempre stato un solco fra le classi di età. Oggi però questo divario si è allargato a causa dell’istruzione, del digitale e della globalizzazione.
Nel mondo del lavoro convivono diversità di vario genere, una delle quali è legata alla data di nascita. Le generazioni che coesistono esprimono valori e bisogni a volte totalmente differenti.
Uomini e donne chiamati a guidare squadre grandi e piccole, quindi, devono tenerne sempre più conto. Ecco alcuni spunti di riflessione e qualche consiglio.

Radiografia del team. 

Un primo esercizio utile è porsi delle domande per capire i valori delle singole persone e cogliere le differenze fra generazioni.

Cosa rappresenta il lavoro per lui/lei?
Quale stile di comunicazione preferisce?
Come vede l’autorità e la gerarchia?
Il consenso è importante per lui/lei?
Quanto sono rilevanti le procedure?
Il focus professionale è sui progetti, sui compiti, sul ruolo?
Come se la cava con la tecnologia?
L’equilibrio vita/lavoro è un obiettivo?

Sviluppo delle risorse umane.

Uno dei compiti chiave dei manager è di far crescere le persone, sostenendo così lo sviluppo di imprese, enti e organizzazioni.
Questa sfida, oggi, si è arricchita di una nuova opportunità, legata alla differenza generazionale. I casi estremi sono quelli di manager senior che dirigono gruppi di giovani. Ma c’è anche l’opposto: capi giovani che si trovano a guidare staff senior. Poi ci sono tutte le situazioni intermedie.
I manager devono supportare e accompagnare tutti gli individui in un mondo in rapidissimo cambiamento. Procedure storiche diventano obsolete. Sistemi collaudati vengono rivoluzionati dall’intelligenza artificiale. Organigrammi e metodi di lavoro consolidati sono spazzati via dallo smart working.

Sviluppo dei talenti.

I manager sono chiamati a valorizzare i talenti di tutte le generazioni e di tutti i tipi. I giovani, specie la generazione Z (nati dalla metà degli anni ’90 al 2010) sono in minoranza ma assumono un peso specifico enorme se consideriamo che rappresentano il futuro. Nei prossimi 5 anni, infatti andranno in pensione molti “baby boomers” (nati negli anni ’60).
Allo stesso tempo è indispensabile mettere a frutto l’esperienza dei colleghi senior con politiche definite di “invecchiamento attivo”.
In sostanza ogni componente del team va seguito in modo personalizzato, anche in base alla sua generazione, nel rispetto di un principio di equilibrio.

Gestire le differenze. 

È bene poi evitare i pregiudizi. In realtà intorno a noi ci sono molti senior brillanti, che usano in modo efficace le tecnologie. Così come alcuni giovani nativi digitali sono magari poco innovativi.
I manager, perciò, devono sviluppare capacità diplomatiche e gestire le dinamiche legate alle differenze generazionali nelle relazioni personali e professionali. Devono accettare e utilizzare i valori e le potenzialità delle generazioni. Sviluppare la comunicazione e la cooperazione tra persone e team.

Spazio al nuovo. 

Un altro aspetto è l’apertura mentale. Se vogliono promuovere creatività e innovazione, dobbiamo permettere a tutti di esprimere liberamente le proprie idee, superando le gerarchie. Questo vale soprattutto per le riunioni.

Team multi-generazionali. 

In conclusione un manager dovrebbe puntare a costruire un team multi-generazionale, che attragga e trattenga persone di valore di ogni età. Con alcuni vantaggi.

  • La flessibilità è più diffusa
  • Il team riflette il mercato di riferimento e quindi è in grado di seguire meglio i clienti
  • Le decisioni sono più solide grazie a visioni senza preconcetti
  • C’è più spazio per creatività e innovazione
  • Il team è in grado di cogliere bisogni da pubblici diversi

Buon lavoro!

PS Un ultimo spunto da una grande mente. “Non penso mai al futuro, arriva sempre così presto”, Albert Einstein.

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