“La prima condizione per un dialogo è il rispetto reciproco, che implica il dovere di comprendere ciò che dicono le altre persone”, esortava il filosofo Norberto Bobbio.
Eppure molti capi si rinchiudono nel silenzio senza alcun dialogo con il proprio team. Circa il 69% dei manager, secondo un sondaggio di Harris Poll, si sentono a disagio nel parlare con i collaboratori.
Di converso il 70% dei collaboratori ammette grandi difficoltà nel comunicare con i superiori, secondo una ricerca di Bravely.
Non c’è da stupirsi, perché alzi la mano a chi non è capitato di essere convocato all’improvviso dal proprio capo con il gelido preannuncio: “vieni un minuto che devo parlarti”. Ansia alle stelle, totale impreparazione, senso di smarrimento.
Gli incontri gestionali sono uno dei principali strumenti per i capi per costruire relazioni con le persone. I colloqui gestionali possono avere varie finalità: la valutazione di un’attività, l’assegnazione di compiti, l’elogio, la gestione di errori, l’assegnazione di deleghe. Attraverso il dialogo il capo dedica tempo, attenzione e ascolto alla persona che ha di fronte, in presenza o in video. Ecco allora alcuni consigli.
Impostazione.
Occorre innanzi tutto definire lo scopo, delineare una strategia e una tattica relazionale e organizzare le diverse fasi: preparazione, svolgimento, conclusione. Una attenzione particolare va dedicata poi al feed back con la verifica di effetti e risultati conseguiti.
Scopo.
Prima di affrontare un colloquio con un collaboratore, è utile definire lo scopo dell’incontro. Per esempio se è il momento di rivedere l’organizzazione, se ci sono prestazioni da migliorare, problemi o criticità da affrontare. Il colloquio gestionale, in ogni caso, non è un interrogatorio, ma neanche un monologo. È l’occasione per fare il punto, verificare, confrontarsi, ragionare insieme. È bene poi procurarsi le informazioni per inquadrare il tema.
Strategia.
Per impostare il colloquio è utile stabilire una “strategia” relazionale. Bisogna considerare il contesto generale, la situazione aziendale, la personalità e le competenze dell’interlocutore, il suo ruolo, e così via. La strategia, tuttavia, dovrebbe sempre essere flessibile, cioè adattarsi alla piega che la conversazione prenderà.
Preparazione.
La fase preparatoria include altri elementi chiave. Un aspetto non banale è la convocazione, che dovrebbe avvenire con un certo anticipo, per non mettere in difficoltà l’interlocutore. Un secondo aspetto importante è l’orario, che andrebbe concordato, per consentire al collaboratore di non arrivare trafelato o evitare di costringerlo a finire troppo tardi in serata o peggio ancora a saltare il pranzo. Anche il luogo andrebbe scelto con attenzione. Può essere l’ufficio del capo, ma anche una sala riunioni. Il tutto, insomma, dovrebbe mettere a proprio agio l’interlocutore.
La cosa migliore è una richiesta diretta con la persona da invitare, in cui spiegare il motivo dell’incontro, concordare la data e l’orario, specificando il tema da trattare e se ci sono dati o documenti da produrre.
Talvolta può essere utile definire la durata stimata dell’incontro, per ottimizzare l’impiego del tempo di entrambi.
Svolgimento.
L’esordio è molto importante perché getta le basi per il successo della conversazione. Ci sono molti modi di cominciare, a seconda delle circostanze. Si può partire da una domanda sulla situazione personale o familiare (se c’è una l’intimità adatta). Oppure chiedere come è andata un’iniziativa. La cosa importante è creare un clima favorevole al dialogo. Il capo dovrebbe poi spiegare l’oggetto dell’incontro e i vari punti da trattare.
La fase centrale è quella in cui si entra nel merito. L’abilità del capo consiste nello stare sui punti stabiliti, senza deviare verso aree impreviste. Ricordiamo che è importante prepararsi una serie di domande lasciando all’interlocutore il tempo di rispondere e argomentare. Il capo può riservarsi di intervenire in modo garbato in base alla capacità di sintesi del collaboratore.
È bene rispettare sempre alcuni principi: non dare mai per scontate le informazioni, ascoltare con attenzione, prendere appunti, non contestare apertamente, non invadere lo spazio, mantenere un contatto visivo.
Nella conclusione può essere utile sintetizzare i punti trattati e concordati, oltre che le decisioni prese.
La chiusura dovrebbe includere sempre un messaggio positivo su aspetti che riguardano l’operatività che il collaboratore inizierà a seguito dell’incontro.
Tutto finito? Non ancora.
Inizia infatti la fase fondamentale del dopo colloquio gestionale.
Dopo l’incontro.
È un momento chiave, spesso trascurato, per mettere a frutto quanto discusso. È bene raccogliere gli appunti e preparare un report di sintesi, che potrebbe essere poi inviato al collaboratore. In alcuni casi è necessario preparare un vero e proprio piano con le azioni e le scadenze stabilite.
Il feedback.
Un altro elemento chiave è il feedback, che consiste nel verificare successivamente cosa il nostro collaboratore ha compreso e messo in partica dei temi trattati nel colloquio gestionale. Una osservazione costante ed accurata per verificare ciò che viene realizzato rispetto a quanto stabilito.
Molti manager danno per scontato che le persone abbiano compreso ciò che volevano per il semplice fatto di averlo detto. In realtà non è quasi mai così. Le sorprese possono essere notevoli. Il feedback serve perciò a verificare cosa è davvero “arrivato” della nostra comunicazione, cosa è stato capito e cosa no, verificare attività, comportamenti e risultati.
In conclusione quanto la nostra comunicazione sia stata efficace.
Varie ricerche indicano che in genere le persone comprendono solo la metà di ciò che viene detto. Una buona gestione dei colloqui e un adeguato feedback dovrebbero permettervi di diminuire notevolmente questo divario.
Buon lavoro!
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